La Casa nel Bosco ets
Oggi vi presento La Casa nel Bosco ets (Ente Terzo Settore)!
Cos’è? è un luogo immaginario, un’idea che sottintende un processo, quello della costruzione o ricostruzione di se stessi attraverso la 𝐜𝐨𝐧𝐧𝐞𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐚 𝐍𝐚𝐭𝐮𝐫𝐚.
La psicologia generalmente si interessa dell’ambiente interno dell’individuo. Mentre l’ecologia si occupa dell’ambiente esterno. Dall’incontro di queste due discipline e dai limiti intrinseci nel concentrarsi soltanto su un aspetto a discapito dell’intero, alla fine degli anni ‘60 nasce la psicologia ambientale e nei ’90 l’𝐞𝐜𝐨𝐩𝐬𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 . Entrambe si basano sul principio che la psicologia “non può più ignorare le connessioni tra malessere psicologico e disequilibrio ambientale, tra malattie dell’anima e malattie del mondo” (Danon M., “Ecopsicologia, come sviluppare una nuova consapevolezza ecologica”, edizioni Aboca, 2020) per cui il paesaggio naturale, la wilderness diventano nuovi scenari terapeutici in cui l’ambiente diventa un ponte che colma il divario tra l’essere umano e il mondo naturale (Li Q., “Shinrin-Yoku, immergersi nei boschi”, Rizzoli, 2018).
Da questi e altri concetti nasce anche lo 𝐒𝐡𝐢𝐧𝐫𝐢𝐧-𝐘𝐨𝐤𝐮, da cui si sviluppano poi tutte le attività in voga in questo momento storico (terapia forestale, forest therapy, forest bathing, bagno di bosco, nature therapy, ecc).
La 𝐅𝐨𝐫𝐞𝐬𝐭 𝐓𝐡𝐞𝐫𝐚𝐩𝐲 consiste nell’utilizzo di itinerari precisi (percorsi brevi e dalle pendenze minime, adatti quindi a tutti) che prevedono siti specifici presso i quali vengono svolte attività strutturate (camminata consapevole, attività di consapevolezza in gruppo, meditazione, esercizi di mindfulness, attività arteterapiche, condivisione di vissuti emotivi, ecc).
Si comprende come il valore archetipico, metaforico e quindi curativo
siano preponderanti in queste attività che stanno fiorendo in tutto il mondo e che, al momento, sono offerte dalle più svariate professionalità. Il rischio è una banalizzazione dell’attività fino ad arrivare al potenziale rischio per il benessere dei fruitori in quanto molto spesso vengono toccate parti profonde della psiche che vanno sapute gestire.
𝐐𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐢 𝐛𝐞𝐧𝐞𝐟𝐢𝐜𝐢?
𝐏𝐬𝐢𝐜𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐢 (diminuzione di ansia, stress, sintomi depressivi, regolazione emotiva, ecc), 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢 (miglioramento nelle interazioni, diminuzione dell’isolamento, ecc), 𝐟𝐢𝐬𝐢𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐢 (dimagrimento, miglioramento della salute cardiovascolare e metabolica, potenziamento del sistema immuntiario, ecc).
La Forest Therapy può essere impiegata come forma di 𝐩𝐫𝐞𝐯𝐞𝐧𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 e di 𝐩𝐫𝐨𝐦𝐨𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐚𝐥𝐮𝐭𝐞 così come di uno stile di vita sano; favorisce inoltre la implementazione di concetti quali la 𝐛𝐢𝐨𝐟𝐢𝐥𝐢𝐚, ovvero l’amore e rispetto per tutto ciò che è vivente.
Progetto nato in collaborazione con Forest Therapy Umbria e Forest Therapy Lazio.
8 marzo, “il coraggio è donna”
Incontro organizzato dall’Associazione Margot, dall’associaz. Giornalismo Attivo e patrocinato dal Comune di Perugia e da MUNUS Arts & Culture
In una sala gremita e attenta abbiamo condiviso storie intense e potenti: hanno parlato le donne iraniane che con la propria vita lottano per una vita migliore, abbiamo imparato le parole mute di one billion rising, conosciuto la forza delle donne che fanno imprenditoria, donne che escono dalla violenza, donne che lottano per i diritti de* propr* figl* con disabilità.
E infine abbiamo parlato anche del “neonato” CUAV, Centro per Uomini Maltrattanti, di cui orgogliosamente faccio parte, per far sì che gli uomini trovino il coraggio di non agire più violenza contro le proprie compagne.
a seguire stralcio del mio intervento:
“La violenza contro le donne non è compiuta da uomini malati, devianti, con problemi di dipendenze o criminali. La violenza contro le donne è qualcosa di endemico alla nostra società. Fa parte di noi, uomini e donne e credo che il cambiamento, il superamento di questa mentalità parta innanzitutto dalla consapevolezza, dalla capacità di mettersi nei panni dell’altro/altra da me. Perché anche le “battute”, la scelta delle parole che utilizziamo è fondamentale nel plasmare il modo in cui guardiamo il mondo. Wittgenstein nei primi del ‘900 scriveva che “ i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo” e se nel mio mondo la donna è continuamente resa oggetto sessuale, da denigrare, oppure resa una santa da porre su un altare intoccabile, ecco che perde la sua dimensione di persona, ma diventa oggetto su cui esercitare un potere.
Parlavo di condizione endemica, di talmente radicato nella nostra società che la maggior parte delle volte in cui mettiamo in atto qualcuno di questi comportamenti, spesso non ne siamo neanche consapevoli e così facendo li trasmettiamo ai nostri figli e alle nostre figlie: è lecito fischiare a una donna per strada, è lecito chiamare puttana una donna che vive liberamente la sua sessualità o che si veste come le pare, è lecito relegare una donna alle faccende domestiche e alla cura della famiglia, è lecito allungare le mani sul luogo di lavoro, per strada, sui mezzi pubblici, è lecito che le donne abbiano stipendi più bassi rispetto agli uomini, che arrivino con difficoltà a posizioni di potere, è lecito che il marito alzi le mani sulla propria compagna.
Quindi chi è l’autore di violenza? È un portatore sano della nostra cultura, che spesso riduce le donne a oggetti di proprietà su cui esercitare controllo. E quindi la propria compagna non può vestirsi come desidera, non può frequentare chi desidera, non può fare il lavoro che desidera, non può innamorarsi di qualcun altro, fino ad arrivare a non poter uscire senza permesso, a non poter avere un proprio conto in banca e gestire i propri soldi (quando lavora), a non poter usare il proprio telefono liberamente, a non poter frequentare la propria famiglia di origine, e potrei andare avanti per ore…
L’associazione Margot, ha deciso di dare vita al C.U.A.V. (Centro per Uomini Autori di Violenza), di cui oggi sono portavoce. Il centro è in attività già da qualche anno (con uno sportello di primo accesso per poter poi iniziare un percorso con una psicoterapeuta e un avvocato) e al momento si stanno formando una serie di operatori e di operatrici che collaboreranno a diverso titolo (psicologi, psicoterapeuti, medici, avvocati, educatori, ecc).
Al momento gli uomini che vengono da noi sono inviati dai tribunali a seguito di condanna o patteggiamento per violenze sulle ex compagne. La violenza non è di un solo tipo: si parla di violenza psicologica (la più subdola, che mira a distruggere l’autostima ed è fatta di offese, umiliazioni, continuo disprezzo, parole tese a sminuire la propria partner, aggressioni verbali, minacce, gaslighting – che è una forma di manipolazione della realtà per far in modo che la vittima dubiti dei propri ricordi e percezioni-, gelosia esagerata, controllo sulla vita della compagna); violenza sociale (si isola la compagna dal contesto sociale/familiare), c’è poi la violenza economica ( che tende a creare dipendenza economica impedendo l’accesso al denaro o il ricatto economico), violenza sessuale (stupro o tentato st. anche all’interno di una relazione, abusi e molestie sessuali, ecc), violenza fisica (botte, tentativi di soffocamento, strattonare, ecc fino all’omicidio, in Italia ogni giorni viene uccisa una donna ogni 3 giorni) stalking e molestie (telefonate e messaggi continui, sorveglianza e pedinamenti).
Il nostro intento è quello di guidare questi uomini ad adottare comportamenti non violenti all’interno delle relazioni, a prevenire la recidiva, a riconoscere la propria responsabilità mediante l’acquisizione di consapevolezza della violenza agita e delle sue conseguenze, aiutare a comprendere che le relazioni sane sono quelle in cui c’è parità e rispetto per l’altra persona. Il nostro intento è quello di mettere in atto un processo di cambiamento per il superamento degli stereotipi di genere, per il riconoscimento e la gestione delle emozioni, quindi per riconoscere la responsabilità dei propri comportamenti, perché non si tratta di raptus, di gelosia, di troppo amore o di “amore criminale”.
E quindi arriviamo al coraggio del cambiamento. Sta appunto nel prendersi la responsabilità delle proprie azioni, dei propri pensieri e delle proprie emozioni. Purtroppo al momento, come dicevo, gli uomini che arrivano a noi lo fanno in modo coatto, ma la speranza è che sempre più uomini, si avvicinino al centro in modo spontaneo e quindi maturino una consapevolezza su questo tema.
Grazie”