8 marzo, “il coraggio è donna”
Incontro organizzato dall’Associazione Margot, dall’associaz. Giornalismo Attivo e patrocinato dal Comune di Perugia e da MUNUS Arts & Culture
In una sala gremita e attenta abbiamo condiviso storie intense e potenti: hanno parlato le donne iraniane che con la propria vita lottano per una vita migliore, abbiamo imparato le parole mute di one billion rising, conosciuto la forza delle donne che fanno imprenditoria, donne che escono dalla violenza, donne che lottano per i diritti de* propr* figl* con disabilità.
E infine abbiamo parlato anche del “neonato” CUAV, Centro per Uomini Maltrattanti, di cui orgogliosamente faccio parte, per far sì che gli uomini trovino il coraggio di non agire più violenza contro le proprie compagne.
a seguire stralcio del mio intervento:
“La violenza contro le donne non è compiuta da uomini malati, devianti, con problemi di dipendenze o criminali. La violenza contro le donne è qualcosa di endemico alla nostra società. Fa parte di noi, uomini e donne e credo che il cambiamento, il superamento di questa mentalità parta innanzitutto dalla consapevolezza, dalla capacità di mettersi nei panni dell’altro/altra da me. Perché anche le “battute”, la scelta delle parole che utilizziamo è fondamentale nel plasmare il modo in cui guardiamo il mondo. Wittgenstein nei primi del ‘900 scriveva che “ i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo” e se nel mio mondo la donna è continuamente resa oggetto sessuale, da denigrare, oppure resa una santa da porre su un altare intoccabile, ecco che perde la sua dimensione di persona, ma diventa oggetto su cui esercitare un potere.
Parlavo di condizione endemica, di talmente radicato nella nostra società che la maggior parte delle volte in cui mettiamo in atto qualcuno di questi comportamenti, spesso non ne siamo neanche consapevoli e così facendo li trasmettiamo ai nostri figli e alle nostre figlie: è lecito fischiare a una donna per strada, è lecito chiamare puttana una donna che vive liberamente la sua sessualità o che si veste come le pare, è lecito relegare una donna alle faccende domestiche e alla cura della famiglia, è lecito allungare le mani sul luogo di lavoro, per strada, sui mezzi pubblici, è lecito che le donne abbiano stipendi più bassi rispetto agli uomini, che arrivino con difficoltà a posizioni di potere, è lecito che il marito alzi le mani sulla propria compagna.
Quindi chi è l’autore di violenza? È un portatore sano della nostra cultura, che spesso riduce le donne a oggetti di proprietà su cui esercitare controllo. E quindi la propria compagna non può vestirsi come desidera, non può frequentare chi desidera, non può fare il lavoro che desidera, non può innamorarsi di qualcun altro, fino ad arrivare a non poter uscire senza permesso, a non poter avere un proprio conto in banca e gestire i propri soldi (quando lavora), a non poter usare il proprio telefono liberamente, a non poter frequentare la propria famiglia di origine, e potrei andare avanti per ore…
L’associazione Margot, ha deciso di dare vita al C.U.A.V. (Centro per Uomini Autori di Violenza), di cui oggi sono portavoce. Il centro è in attività già da qualche anno (con uno sportello di primo accesso per poter poi iniziare un percorso con una psicoterapeuta e un avvocato) e al momento si stanno formando una serie di operatori e di operatrici che collaboreranno a diverso titolo (psicologi, psicoterapeuti, medici, avvocati, educatori, ecc).
Al momento gli uomini che vengono da noi sono inviati dai tribunali a seguito di condanna o patteggiamento per violenze sulle ex compagne. La violenza non è di un solo tipo: si parla di violenza psicologica (la più subdola, che mira a distruggere l’autostima ed è fatta di offese, umiliazioni, continuo disprezzo, parole tese a sminuire la propria partner, aggressioni verbali, minacce, gaslighting – che è una forma di manipolazione della realtà per far in modo che la vittima dubiti dei propri ricordi e percezioni-, gelosia esagerata, controllo sulla vita della compagna); violenza sociale (si isola la compagna dal contesto sociale/familiare), c’è poi la violenza economica ( che tende a creare dipendenza economica impedendo l’accesso al denaro o il ricatto economico), violenza sessuale (stupro o tentato st. anche all’interno di una relazione, abusi e molestie sessuali, ecc), violenza fisica (botte, tentativi di soffocamento, strattonare, ecc fino all’omicidio, in Italia ogni giorni viene uccisa una donna ogni 3 giorni) stalking e molestie (telefonate e messaggi continui, sorveglianza e pedinamenti).
Il nostro intento è quello di guidare questi uomini ad adottare comportamenti non violenti all’interno delle relazioni, a prevenire la recidiva, a riconoscere la propria responsabilità mediante l’acquisizione di consapevolezza della violenza agita e delle sue conseguenze, aiutare a comprendere che le relazioni sane sono quelle in cui c’è parità e rispetto per l’altra persona. Il nostro intento è quello di mettere in atto un processo di cambiamento per il superamento degli stereotipi di genere, per il riconoscimento e la gestione delle emozioni, quindi per riconoscere la responsabilità dei propri comportamenti, perché non si tratta di raptus, di gelosia, di troppo amore o di “amore criminale”.
E quindi arriviamo al coraggio del cambiamento. Sta appunto nel prendersi la responsabilità delle proprie azioni, dei propri pensieri e delle proprie emozioni. Purtroppo al momento, come dicevo, gli uomini che arrivano a noi lo fanno in modo coatto, ma la speranza è che sempre più uomini, si avvicinino al centro in modo spontaneo e quindi maturino una consapevolezza su questo tema.
Grazie”